Il mio cane mi odia per cinque minuti, ogni volta che lo costringo: a farsi il bagno, a tagliarsi il “capello”, a farsi spazzolare quel pelo non proprio liscio e definito. Per il resto del tempo mi ama, più o meno intensamente a seconda di come lo assecondo, in quello che vuole fare.
Un cane assomiglia ad un bambino che non sa parlare. Il suo linguaggio è corporeo. L’occhio è il fulcro del suo verbo. Le zampette sono il cordone ombelicale che si crea tra lui e il suo compagno umano. Così come i genitori non sono padroni dei propri figli, anche un cane non dovrebbe avere nessun padrone. Basterebbe un compagno di vita, che sappia sgridarlo al momento giusto e premiarlo al tempo stesso.
Il cane è felice quando può mangiare la sua carne preferita, è triste se lo lasci solo tanto tempo e non giochi con lui.
Il cane è consapevole di sbagliare quando lo richiami, con un tono di voce più duro del solito.
Il cane vuole il contatto con la tua pelle. Può avere tutto lo spazio del mondo, ma deciderà sempre di venire a sedersi vicino a te, o ancora meglio, su di te.
Il cane è anche un po’ egocentrico. Se pensa di dover attirare l’attenzione, non c’è verso che riuscirai a distoglierlo dalle sue intenzioni.
Il cane ha la purezza di un bambino e l’intelligenza di un uomo adulto…
E chiunque abbia letto con attenzione, avrà ritrovato nei gesti descritti di un cane, gli stessi di un figlio, di un fratello, di un cugino. Non c’è nessuna diversità, se non quella che un giorno il bambino crescerà e avrà il tempo per acquisire la cattiveria del mondo, mentre il cane resterà fino alla fine puro ed innocentemente amorevole verso chi lo ha amato.