Il foglio era bianco, immacolato, ben piegato in una risma perfetta, eppure improvvisamente, appena la mia mano lo ha toccato con il calco della penna, un enorme buco si è allargato e impossessato di quel candore. E’ nero, profondo e risucchia in sé sillabe e punteggiatura, come se volesse portarle negli inferi, al centro di quella cellulosa di cui è composto.
La mia penna non riesce a trattenere consonanti e vocali in superficie. Annaspa come un bambino al suo primo tuffo. Continua a scrivere sempre più veloce, ma con la stessa rapidità le parole scompaiono.
Improvvisamente però la bic blocca il suo andare e si accorge che una frase composta da tre sole parole resta in bilico, vicino il perimetro del buco nero e tenta di risalire, mentre tutte le altre sono già sprofondate. Lotta con il vortice e tenta di essere più forte. Annaspa. Precipita per qualche centimetro e poi sale nuovamente. Lotta come se volesse ardentemente rimanere impressa su quel foglio.
“Io lo amo“. E’questa la frase che vince. Più delle altre lotta. Più delle altre sale. Più delle altre non vuole precipitare.
“Io lo amo” pare che voglia urlare contro quel buco malvagio che mi deturpa il foglio bianco: “perché lo fai?”.
“Io lo amo” continua a salire. Mentre la penna non sa che fare. Vorrebbe aiutare quell’unico pensiero che sopravvive, ma non ne conosce il modo. Finché improvvisamente io la aiuto, le suggerisco una possibile soluzione e insieme prendiamo una decisione.
Premiamo con forza sul foglio e incidiamo una linea nera, più scura di quel buco. Stracciamo per metà il foglio macchiato e ricominciando da capo, su quel poco spazio che resta, lasciando vincere quell’unica frase che ha lottato: “Io lo amo”.