Il suo corpo era un gioco di luci, che tra chiaroscuri, rifletteva la candida pelle, che pareva appartenere ad un bambino appena nato. Così come le sue labbra, mai screpolate dal freddo, così sottili, ma al contempo piene, di quei respiri pesanti che le abbracciavano. Il suo torace si innalzava e poi si abbassava con un ritmo scostante, come quello che accompagnava la sua vita. Tra i tormenti di alcuni giorni, che macchiavano anche il sonno di alcune notti.
I suoi occhi erano coperti dalla frangia dei suoi capelli, che come le foglie sull’erba coprivano ciò che vi era sotto. Spesso anche la verità, di quei sentimenti taciuti, volutamente censurati. Mentre le mani erano riscaldate dalle piume del cuscino, sotto cui con poca cura le aveva nascoste. E la sua schiena, marmorea scultura, era curva, quasi a farsi proteggere dalle paure che aveva.
Mi dava le spalle, come sempre, come tutte le notti. Creando quel distacco empatico che io tanto avevo desiderato all’inizio. Eppure adesso, solo dio sa quanto vorrei stringere il mio seno ancora nudo, alla sua schiena bianca. E unirmi alla sua curva, quella della paura, per farla diventare una linea retta, quella della sicurezza. Eppure, ancora una volta mi ritraggo nel mio spazio, sul mio cuscino ormai freddo, continuando a sentire il battito caldo del suo cuore lontano dal mio.
Di notevole impatto, mi piace!
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Grazie 🙂
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