La sabbia bollente travolgeva come uno tsunami i miei piedi scalzi, mentre cercavo di correre verso il mare, dove il refrigerio dell’acqua fresca avrebbe lenito il caldo di quest’estate. La maturità è trascorsa da poco e anche l’ultimo anno dell’inferno dantesco sembra un ricordo lontano. Un capitolo chiuso, tra numeri e poesie, interrogazioni e giustificazioni.
Niente legami amorosi al momento, ma solo scorribande sincere tra amici. Un mojito, una birra, una notte di danze ai piedi del faro e questo basta per questa vacanza. Poco sudata a dire il vero. Un sessantotto e tutti a brindare in Sardegna. Ma va bene così, forse tra qualche mese riuscirò a prendere anche un trenta. Perché sì, ho deciso di tentare e stupendo tutti mi sono iscritta all’università.
Tanto il lavoro in Italia non c’è. E la frase non è legenda. Mio fratello è un ingegnere. Eppure la mattina si alza alle sette per andare a fare il fiorista. Qualche costruzione la mette in piedi con le rose, ma quelle dopo tre giorni crollano, e bisogna buttarle via.
E poi, a dirla tutta, ora non voglio pensare a quando diventerò grande, ai problemi e alla preoccupazioni. Voglio solo divertirmi con gli amici di sempre. Quelli che al liceo ho odiato quando non riuscivano a passarmi una versione in tempo, quelli che alzavano la mano anche per rispondere alla prof. di religione e quelli a cui confidavo le mie cotte e i miei timori.
E’ quasi tramontato il sole. Eppure ancora sento il bruciore della sabbia sotto i piedi, che mi invita a fare l’ultimo tuffo di questa giornata. Così, lancio uno sguardo ai miei amici, acciuffo velocemente i miei lunghi capelli e corro verso la battigia. Verso l’andirivieni delle onde salate, che avvolgono il mio corpo caldo, abbracciando i miei diciotto anni e la mia estate italiana.