Il mio bignè al X arrondissement

Agli innocenti, vittime e sopravvissuti, ad una mattanza senza possibilità di giustificazione alcuna, in un venerdì sera di svago, tra le strade parigine. 

A tutti i bambini, che quella sera volevano solamente un dolce, che gli è stato negato, così come la libertà, di cui vorrebbero privarci.

Corro da più di dieci minuti, anzi vengo trascinato da più di dieci minuti, dalla forza della paura di mia madre, che accompagna ogni vicolo della mia città. L’aria è calda, eppure tutti sembra abbiano freddo. Si abbracciano, come fa il mio papà quando mia sorella d’inverno dice che la temperatura è gelida. E tutti si nascondono uno nella giacca dell’altro, come a ripararsi da un vento che non tira.

Io continuo a correre, mentre abbraccio Charlie, il mio peluche di cane lupo. E lo stringo forte per paura di perderlo, mentre la mano di mia madre mi strattona via con sé. Ma io proprio non lo so dove stiamo andando.Volevo solo mangiare un bignè e la strada che percorriamo ora non mi sembra più quella giusta.

Sabato non dovrò andare a scuola e come ogni venerdì sera sono uscito per fare un giro veloce nel mio arrondissement, ma la mamma ha ricevuto una chiamata da papà e subito dopo mi ha detto che il bignè non potevamo andarlo più a mangiare. Io ho pianto. Volevo il dolce, come ogni venerdì, ma lei non è stata comprensiva come sempre, la sua faccia era strana, tirata, impaurita. Come quando il cane del vicino tenta di saltare la nostra staccionata.

E ora che corro, vedo tutte le facce uguali a quelle di mia madre e ci sono anche altri bambini che camminano veloci come me, ma loro a differenza mia non piangono. E allora decido di smettere anche io e corro, corro veloce insieme a mamma.

Nessuno parla e tutti camminano, ovunque mi giro, c’è gente agitata. Finché non sento dei rumori, che assomigliano ai botti di capodanno, quelli che il mio papà fa esplodere dal terrazzo di casa, quando festeggiamo l’arrivo del nuovo anno. Ma nessuno li guarda sorridendo e nessuno si abbraccia e si bacia per la felicità.

Ora ho paura e chiamo mamma, che nel frattempo mi ha preso in braccio. “Che succede?” le chiedo. E lei mi guarda e vorrebbe dirmi qualcosa, sta per farlo, ma ormai siamo a casa. Papà ci aspetta sulla porta e ci abbraccia forte, come quando torniamo da una vacanza a casa della nonna e non ci vede da tanti giorni.

Sono stanco, ho corso e ho pianto. Ora la mamma sembra essere tornata più tranquilla. Tutti sorridono, anche la mia sorellina, che gioca con la sua casa delle bambole e stacca la testa alla sue Barbie.

Mamma mi porta in cameretta. Mi mette a letto e mentre sta per spegnere la luce le chiedo: “domani andremo a prendere il mio bignè?”. “Domani mattina troverai un vassoio di bignè sul tavolo.Te li preparerò io questa sera” mi risponde, con quella faccia che torna ad essere impaurita.

Ma io ho sonno e decido di dormire. Domani troverò i miei bignè.

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